Tempo fa mi è capitato di leggere per caso alcuni articoli che sembravano usciti dallo stesso romanzo. Due distinte storie che hanno in comune il periodo, i confini e la follia umana. Vi racconto che cosa è successo e spero di non annoiarvi.
Qualche giorno prima
Il 1 settembre 1983 un Boeing 747 coreano finisce fuori rotta passando sopra l'isola di Sakhalin, occupata dai sovietici nella seconda guerra mondiale.
Per intercettarlo prima due Su-15TM e poi due MiG-23 si alzano in volo. Alle ore 3:26 locali un solo missile partito da uno dei Su-15TM abbatte l’aereo civile provocando 269 vittime innocenti.
26 settembre
A pochi giorni da questo disastro, si rischia un altro brutto incidente. Ma questa volta la storia si svolge in un bunker vicino a Mosca e la reazione russa potrebbe essere molto più grave della precedente. Qui il tenente colonnello dell’Armata rossa Stanislav Yevgrafovich Petrov, 44 anni, controlla i dati forniti dai satelliti per l’avvistamento di eventuali missili nucleari. È il 26 settembre quando poco dopo la mezzanotte il computer segnala un missile partito dal Montana e diretto in territorio sovietico. Il tenente colonnello pensa, o forse spera, che si tratti di un errore di sistema. Un solo missile lanciato dagli americani sarebbe poco convincente. Ma poi il computer segnala un secondo missile, poi un terzo, un quarto e un quinto.
All’epoca soltanto il radar di terra poteva segnalare con precisione l'arrivo di un missile, ma mentre il sistema satellitare sovietico anticipava la (probabile) collisione di quasi 30 minuti, il radar di terra anticipava la collisione di pochi minuti. Il tenente colonnello ha l'obbligo di passare l’informazione ai suoi superiori ma apetta la conferma del radar di terra. È una bella responsabilità perché se i missili fossero stati reali sarebbe mancato il tempo necessario per reagire. E inoltre Petrov disubbidisce agli ordini. Forse la risposta dei suoi superiori non sarebbe stata automatica, ma le tensioni in quel periodo lasciano immaginare altri scenari.
A causa di questa vicenda l’esercito russo lo congedò. Ora vive nella cittadina di Fryazino vicino a Mosca. E domani possiamo dire che è un altro giorno